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Capitolo 1

Il gruppo “kamikaze” composto da Gabo Gera Giulio e Mattia è arrivato a Città del Messico, che d’ora in poi chiameremo, come usano i locali, “DF” (distretto federale) la notte tra il 13 e il 14 alle ore 00:45.

La prima notte è passata all’aeroporto, ammucchiati sugli zaini, sveglia alle 7 e colazione al ristorante francese difronte al quale eravamo accampati.

Grazie a Mc Fois troviamo l’hotel “republica”.

E’ un albergo delizioso, con un ampio atrio colorato di verde blu e giallo, grandi balconate in legno e odore di muffa.

Un po’ sporco, economico, accogliente e con un gestore preso bene.

Siamo nel centro storico della città, traffico, strade disordinate, facciate degi edifici con l’intonaco da rifare.

Iniziamo la passeggiata, ancora rimbambiti dale poche ore di sonno (3) e dalle tante ore di viaggio (26), arriviamo nella piazza principale, Zocalo, La cattedrale, con il suo stile tra il barocco e il coloniale spagnolo, conserva al’interno un organo imponente e finemente lavorato .. personalmente non ne avevo mai visti di così grandi.

Al di là dei monumenti quello che colpisce sono gli odori, in ogni angolo spuntano chioschi, baracchini e negozietti stracolmi di frutta, verdure e carne.

Con 12 pesos puoi godere di una spremuta da mezzolitro di arancia, madarino o pompelmo appena fatta.

Così diventa presto un’abitudine mattutina : spremuta, un tazzone di caffè amricano e “pan dulce”.

Il pan dulze è una via di mezzo tra un cornetto gigante e un panino con cioccolata, glassa, miele, e a scelta pezzi di frutta.

Al mattino la città, almeno nel centro storico, sembra svegliarsi lentamente. Verso le 9:30 i negozi iniziano ad aprire, i commercianti come prima cosa lavano il marciapiede antistante.

Pian pianino il caos rumoroso e disordinato riempie le vie, un flusso di persone ininterrotto, olio che frigge “quesadillias”, piastre che scaldano “tacos”, odore di farina di mais ovunque.

Il ritmo della gente che cammina non è lentissimo, ma decisamente meno frenetico che in qualsiasi grande città europea che mi sia capitato di visitare.

Nel centro la città è divisa in zone commerciali : c’è la zona dove vendono quasi esclusivamente strumenti musicali, c’è la zona delle scarpe, quella delle ferramenta, quella delle pelletterie e via dicendo.

La sera del 14 arriva Sara, la raccogliamo all’aeroporto distrutta dal lungo viaggio, la portiamo in albergo e senza pietà decidiamo di uscire. Incontriamo Pilar e Dhear, due amici di Gabo.

Così si va a cenare in un locale…birra, chili ovunque e per finire mescal.

Appena tocco il cuscino mi addormento … neanche il russare atomico di Gera può farci niente.

Le Persone che abbiamo incontrato si sono dimostrate più che cordiali, una cordialità pacata, tuttaltro che ostentata.

DF ha delle dimensioni disumane, sorvolando la città prima di atterrare non riesci a capire dove inizi e dove finisca.

Le distanze sono enormi e anche chi è nato e cresciuto qui non conosce la città nella sua interezza.

Ci sono minibus, autobus, metro, ferrovie leggere urbane, ci si muove abbastanza bene evitando le ore di punta.

Se si capita nel metrò sbagliato nell’ora sbagliata il caos assume proporzioni enormi.

In certe fermate la polizia separa in due corsie uomini e donne, così che anche le carrozze sono divise per sesso.

Subito ci siamo chiesti il motivo, ma una volta sulla banchina tutto si è chiarito.

Le persone in attesa sono centinaia e centinaia, il flusso è a ondate costanti.

Quando arriva il treno, già stracolmo, le gente che deve uscire si lancia letteralmente all’esterno del vagone, quasi contemporaneamente chi deve salire si tuffa all’interno nel tentativo di pressare ulteriormente la folla già stipata a bordo.

L’apertura e chiusura delle porte è a tempo, a prescindere da quanta gente debba salire e scendere.

Quindi gli ultimi che riescono a salire usano questa tecnica: Dando le spalle al treno puntano mani e piedi sull’uscio e col sedere spingono finchè il loro corpo arriva a filo con la porta che riesce a chiudersi.

Il nostro stupore nel notare come in tutto questo non si senta urlare, non si senta nessuna invettiva.

Tutti sono sulla stessa barca, anzi … sulla stessa metro .

Circo Inzir !