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Capitolo 14

… e poi Chiapas … e poi …

E poi il Circo Inzir arriva in Chiapas, si ferma 5 giorni e tantissime porte si aprono.

E poi è bello il Chiapas, montagne, fiumi, cascate e foreste.

Se il Messico è il paese dei colori allora il Chiapas è la pentola d’oro dove nasce l’arcobaleno.

E poi queste porte, che si spalancano al solo soffio dei nostri respiri, mostrano stanze talmente grandi che ficcarci il naso fugacemente sarebbe un peccato.

Conosciamo Roberto e Juan degli Zapayazos che allargano le braccia al nostro arrivo e ci raccontano tutto quello che potremmo fare se solo avessimo un paio di settimane in più: Spettacoli nelle comunità zapatiste, organizzare laboratori e girare un po’ tra quelle splendide montagne.

Conosciamo Beto e i ragazzi del Paliacate, un circolo culturale si San Cristobal De Las Casas. Anche loro sono straordinari e provano in tutti i modi ad aiutrci. Grazie a loro si aprono le porte de La Casa De Los Frijoles (casa dei fagioli) e dello Junax.

Los Frijoles …

Los Frijoles è la casa di Nieve, una ragazza irlandese mora e con gli occhi di cielo. Nieve si è trasferita a S Cristobal da qualche anno e ha trovato in affitto questa casa incantevole poco distante dalla piazza centrale.

Appena entri ti trovi immerso in un grande giardino ricco di piante e con al centro due alberi ben cresciuti. Un po’ defilata sulla destra c’è una struttura in ferro utilizzata per appendere tessuti o trapezio, a sinistra invece sfilano, dietro ampie vetrate, una ad una le stanze da letto, la libreria e la cucina.

Nieve ha fatto di questa casa un circolo e dentro vi si organizzano eventi e corsi di vario genere.

Quando arriviamo Los Frijoles è momentaneamente chiuso in attesa di riprendere le attività ma, grazie alla particolare magia che non so per quale strana congiunzione astro-gastronomica ci sta seguendo, grazie alle ragazze del Paliacate che ci hanno messo in contatto con Nieve, Los Frijoles ha riaperto per regalare uno spazio allo spettacolo di Circo InZir.

Così la sera dell’8 marzo si va in scena in quella che sarà la nostra unica rappresentazione in Chiapas, la prima in Messico.

In occasione della festa della donna presentano Tati e Sara e, come tradizione, piove. Inizialmente solo una pioggerellina timida e sporadica, poi un acquazzone che coincide perfettamente con il numero finale di Mattia. Lo show termina con noi bagnatissimi a salutare un pubblico entusiasta nel frattempo riparatosi sotto le tettoie della casa.

Junax …

Carmen e Patti sono 2 donne di mezz’età, durante la nostra chiacchierata non smettono mai di mangiare caramelle affinché la voce rimanga limpida e fluida.

Occhi azzurri, maglione di lana e una lunga treccia di capelli grigi una volta sicuramente gialli come il sole. Lo sguardo di Carmen è in apparenza duro, la sua fisicità trasmette l’idea di una donna forte e decisa.

Patti è una chiocciola, sembra non avere angoli, una personalità fatta solo di curve dolci, un cerchio che invece di chiudesi rimane aperto al mondo, una chiocciola per l’appunto.

Siamo nell’ufficio dello Junax, parlando di storia recente, di zapatismo, di vita, di problemi e soluzioni.

Lo Junax non è un albergo, non è un ostello, è una casa in grado di ospitare comodamente più di 30 persone.

La chiacchierata con Carmen e Patti è un incanto, io mi sento un ignorante completo, d’altronde ho letto un solo libro sullo zapatismo. Così chiedo loro di saperne di più, vengo accolto nell’ufficio da due visi che si illuminano.

Lo junax nasce nel 1999, quando ormai da 5 anni il Chiapas, il Messico e un po’ anche gran parte del mondo sono scossi dalle rivolte dell’Esercito Zapatita di Liberazione Nazionle (EZLN).

Sono sempre di più le persone che vorrebbero contribuire in qualche modo al movimento, così San Cristobal De Las Casas inizia a popolarsi di uomini e donne bene intenzionate ad essere d’aiuto. Così,grazie a sforzi economici personali, si affitta quella che sarà la prima sede dello Junax con l’intento di ospitare tutte quelle persone arrivate in città per dare una mano.

Questo progetto ormai va avanti da quasi 15 anni, è stato sostenuto per un certo periodo da associazioni internazionali e da una fondazione statunitense, ormai però è tanto tempo che va avanti senza appoggi esterni.

Oggi ospita ancora quelle persone che vogliono mettere a disposizione le loro conoscenze per aiutare le comunità zapatiste. E’ come un ponte tra queste comunità e tutte quelle persone sparse per il Messico e per il mondo che hanno la volontà di appoggiare il movimento.

Gli occhi si fanno lucidi quando i racconti rendono evidente l’indissolubile legame che intreccia la vita vissuta di 2 donne nate lontano da qua e la storia di una rivoluzione.

Patti fa fatica a trattenere le emozioni :<< … mai una volta è passato nella mia mente il pensiero che stessi lavorando e impiegando il mio tempo qui senza ricevere in cambio uno stipendio …>>. Vedo in lei la stessa impossibilità provata da noi nel raccontare le esperienze nelle aldee di Dolores

<< … E’ inestimabile la gioia provata nel vedere la speranza negli occhi delle persone, tanti giovani vengono qua e, quando tornano dalle comunità hanno la stessa stupefatta speranza che avevamo io e Carmen 15 anni fa, questo ha un valore che non si può calcolare…>>.

San Cristobal De Las Casas …

Da S Cristobal è partita la rivolta, è stata la città simbolo di tutto il movimento, qui il sub comandante Marcos ha letto la prima dichiarazione della Selva Lacandona.

Ora si presenta come una delle più incantevoli città turistiche del Chiapas.

Si respirano quelle tipiche contraddizioni dei posti turistici, anche se qui sembra quasi che queste due facce della stessa medaglia abbiano trovato il modo di guardarsi attraverso un complicato gioco di specchi.

Colori accesi decorano tutte le case, ci sono muri più ricchi verniciati di fresco e muri più poveri, un po’ sbiaditi e con qualche crepa.

Di crepe se ne vedono tante sui muri, soprattutto se esci un po’ dal centro, quella che però appare integra, senza vistose crepe, è la dignità delle persone, anche quelle più povere.

Forse sarà una lettura superficiale la mia, ma nei loro occhi non c’è traccia di disperazione, l’arte di queste persone è quella dell’arrangiarsi, quell’arte che ti permette di stare meglio che puoi con quel poco che hai.

Nel centro della città entri “nell’Happy Meal” dello zapatismo, compri un gelato e vinci la certezza di essere un uomo migliore, perchè anche solo mangiando un ghiacciolo hai aiutato un piccolo guerrigliero e un anziano contadino che non vedrai mai, grazie al tuo pacchetto di patatine, un bambino senza scarpe potrà continuare a sorridere per le foto ricordo.

Prima delle rivolte degli anni ’90 in questo stato vigeva una forma di razzismo molto simile all’apartheid sudafricano. Il centro era abitato quasi esclusivamente dalla classe Medio-Alta dei “Latinos” come chiamano qua i discendenti più o meno diretti degli spagnoli.

Gli indios non avevano diritti ed erano visti con disprezzo, oltre ad essere sfruttati come schiavi nei campi. Se un Indio incontrava un Latinos doveva scendere dal marciapiede e rivolgere il suo sguardo a terra.

Con le rivolte i primi interessi ad essere lesi sono stati proprio quelli di questa classe Medio-Alta, che quindi osteggia in tutti i modi il movimento fino ad arrivare a sfiorare una vera e propria guerra civile.

Oggi permane un certo razzismo e quei ricchi che osteggiavano le rivolte e che una volta sfruttavano e denigravano gli indios ora hanno trovato un nuovo modo di sfruttarne quanto meno l’immagine.

Dei circa 30 negozi che ostentano simboli dello zapatismo e fantomatici aiuti, solo 3 o 4 appoggiano realmente le comunità.

No, non ce l’abbiamo fatta ad entrare nelle comunità, il tempo a nostra disposizione era veramente poco. Saremmo potuti entrare come normali visitatori ma abbiamo preferito di no.

Le comunità, stando a quanto ci hanno raccontato, sono organizzate minuziosamente in una struttura orizzontale.

I municipi che si sono dichiarati indipendenti dallo stato messicano vengono chiamati “Caracoles” (lumache) e ad esse fanno riferimento le comunità di contadini che le stanno intorno e che hanno deciso di unirsi agli zapatisti.

Il principio basilare è che chi rappresenta le istituzioni non comanda bensì obbedisce al popolo.

I rappresentanti delle “giunte di buongoverno” si alternano ogni 10 giorni, ad avvicendarsi in questo ruolo sono gli uomini e le donne di tutte le comunità.

Come e quanto funzioni tutto questo non saprei dirvi, non siamo andati a vedere, l’unica cosa certa è che stanno resistendo da più di 20 anni in un territorio che per svariati motivi attira l’insaziabile appetito delle peggiori multinazionali.

Altra unica cosa certa è che una democrazia così orizzontale ha tempi lunghi e in 5 giorni non si ha il tempo di organizzare uno spettacolo.

E poi …

Un’altra volta tutti insieme su Terricola, domenica mattina lasciamo S Cristobal, direzione ufficiale: stato di Oaxaca, costa pacifica, tempo massimo presvisto 48 ore. Non va esattamente così.

Il fatto è che quando stai viaggiando per il Messico, che tu stia bevendo un caffè o una birra al bar, che tu stia mangiando comodamente seduto in un ristorante o in un “comedor” lungo la statale, che tu stia passeggiando per strada o appeso stretto stretto su un autobus, è decisamente probabile che incontri qualcuno con cui chiacchierare.

Chiacchierando vieni a conoscenza delle mille bellezze di questi posti, scopri e ti viene voglia di andare a vedere.

Così la prima tappa è Las Sima De Las Cotorras (abisso dei pappagalli), una puntura sulla pelle di questo mondo, profonda 140 metri, con un diametro di circa 160 (metri). All’alba centinaia di piccoli pappagalli verdi lasciano i nidi e vanno a vivere la loro giornata nei campi che circondano il parco.

Noi ce l’abbiamo messa tutta, ci siamo svegliati prima dell’alba, con gli occhi gonfi di sonno siamo andati sul ciglio dell’abisso ma i pappagalli erano pochi e poco sincronizzati, sono usciti in piccoli gruppi disordinati.

La decisione presa a seguito di estenuanti discussioni e interminabili riunioni, è che avrebbero bisogno di una regia. Tutti hanno votato a favore tranne Mattia che si è astenuto per poter dire dopo: << … l’avevo detto!>> .

Alle 7 arriva puntale Francisco, ci infiliamo caschetti, imbraghi e una serie infinita di moschettoni.

Alle 8 e 30 circa io, Gera, Gabo e la nostra guida iniziamo la discesa.

Una scarica di adrenalina bellissima (per rendere più poetica quella sensazione volgarmente conosciuta come “cagarsi sotto”).

Attaccati ad una corda, coi piedi sospesi su 140 metri di silenzio interrotto solo dal gracchiare degli uccelli.

Per i primi 20 metri continui a ripeterti una sola domanda : << ma se non fosse esistito facebook, l’avrei fatto lo stesso? >>. Per i restanti attimi infiniti è la pace dei sensi e quando faticosamente torni su, rifaresti subito un’altra volta tutto.

A mezzogiorno ripartiamo, altra direzione consigliata: Cascadas del Aguacero (cascate dell’acquazzone).

Mattia dice che forse è il posto più bello che abbia mai visto, io concordo.

Dopo 700 scaloni arrivi sulle rive del Rio La Venta, un fiume che sprofonda le sue limpide acque in un canion di circa 150 metri. Risalendo la corrente per 200 mt incontri il paradiso.

Fresca e veloce l’acqua cade da un’altezza di circa 100 mt. In basso nei secoli si sono formati scaloni e piccole piscine naturali.

Lasciarsi massaggiare da tanta potenza è un piacere che va al di là di qualsiasi umana comprensione.

Il giorno dopo di buon’ora, smontato l’accampamento, ripartiamo, questa volta fermamente decisi a lasciare il Chiapas e a raggiungere Salina Cruz nello stato di Oaxaca.

Verso le 2 del pomeriggio, ne bel mezzo del nulla, sotto il sole cocente, circondati da montagne, buchiamo ambedue le ruote destre di Terricola.

Smontiamo le ruote, fermiamo una macchina e ci facciamo portare nel primo paese a sud.

Lì troviamo un gommista che ripara la gomma e ci riporta al furgone. Si riparte.

All’altezza di Tapanatepek però incontriamo un blocco del traffico, si tratta delle proteste dei docenti messicani. Non c’è verso di passare così decidiamo di raggiungere la costa e fermarci nei dintorni.

Per caso arriviamo in un villaggio di pescatori adagiato su una splendida laguna che preannuncia l’Oceano Pacifico.

La laguna è abitata da cormorani, pellicani, garzette, gabbiani, albatros e una quantità indefinita di pesci. Nel villaggio invece vivono persone la cui ospitalità gareggia con la bellezza del luogo.

Qui non ci sono alberghi ne nulla di simile, chiedendo qua e là però ci viene indicata una piccola proprietà momentaneamente disabitata dove potremmo accamparci.

Quindi montiamo il nostro terzo accampamento in un fazzoletto di spiaggia di 15 x15mt in riva alla laguna, con 3 palme da cocco, una mangrovia e un residuo ancora funzionale di quello che una volta era un bagno.

Il sole rosso sta tramontando dietro quella sottile linea di terra che separa l’oceano dalla laguna e noi siamo già immersi nelle acque calde quando un ragazzo ci viene incontro domandandoci se vogliamo fare un giro in barca. Noi chiediamo quanto costa. Lui ci guarda un po’ stupito e dice :<>.

Grazie a Ernesto facciamo un bel giro in barca e un bel bagno immersi nel crepuscolo.

Grazie a Ernesto e ai suoi amici Hafi e Fernando, quella sera mangiamo pesci e granchi appena pescati. Erano così buoni da mandarti in estasi mistica.

<< quanto vi dobbiamo per il pesce?>> … <>.

Nel momento in cui vi scrivo mi trovo sull’amaca attaccata alle due palme.

Sandro, Sara, Tati e Mattia stanno cucinando sul falò.

Gabo è andato ad annunciare attraverso i megafoni comunali che questa sera ci sarà lo spettacolo di Circo InZir … tutto per caso … forse …