Loading...
Blog Featured Image

Capitolo 15

… le cose che si perdono …

Ebbene, dopo 2 mesi e 6 giorni ha deciso di lasciarmi, mi lascia così, senza avermi detto dove, con chi, perchè e quando. Il piccolo quadernino verde e bianco, l’originale Diario Di Brodo che sempre è stato al mio fianco in questo viaggio si è perso! Si è voluto perdere? Io sicuramente non l’ho perso!

Lo presi in Città Del Messico quando ancora non sapevo che quaderno in castigliano si dice cuaderno, subito prima di lasciarmi era diventato così grasso di parole e pensieri (tanti dei quali mai scritti su questo blog) che faceva fatica a stare nella tasca preposta del marsupio.

Si deve però andare avanti, così scriverò direttamente sul computer, togliendo molto all’atto catartico dello scrivere con carta e penna e, allo stesso tempo, accorciando di molto i tempi di stesura.

Così a Pesqueria Guadalupe, il villaggio di pescatori che ci aveva accolto a braccia aperte, lo spettacolo è stato un successo.

Grazie al passa parola, grazie agli altoparlanti municipali, grazie al giro fatto con Terricola, la gente, con molta calma alla fine è arrivata, e noi con molta calma e con circa un’ora di ritardo abbiamo iniziato.

Le persone, come sempre, arrivavano da tutti i lati, interi nuclei familiari alla volta.

Tutto bene, tutto bello e alla fine, quando gli abbiamo spiegato che non avremmo chiesto soldi, quando gli abbiamo spiegato che lo spettacolo era solo per dire grazie della splendida ospitalità ricevuta, quasi non ci credevano, perchè per loro probabilmente ospitare dei viaggiatori al meglio delle loro possibilità è normale.

Il giorno seguente, dopo una serata passata a bere birra e mangiare pesce e granchi con i ragazzi del paese, si parte. La sensazione è di aver vissuto ancora una volta qualcosa di bello, ma ora siamo ansiosi di guardare negli occhi l’Oceano Pacifico.

Arriviamo a Mazunte nel tardo pomeriggio, proviamo a contattare Miriam, l’organizzatrice del festival di circo locale. Purtroppo Miriam non c’è, è a Oaxaca per lavoro.

Così ci diamo da fare per cercare un posto economico dove dormire questi 3 giorni. La prima ipotesi è una tettoia su una collinetta alta una decina di metri che dà proprio sulla spiaggia, sotto la tettoia affittano posti in amaca.

Da queste parti affittano gli spazi per mettere le amache, e puoi passartela così, dondolando e spendendo poco.

Ahimè i posti però sono esauriti, così continuiamo la nostra ricerca che alla fine ci conduce da Tonio.

Tonio è un uomo sui 50 anni, capelli disordinati e due occhi da bambino, sempre senza maglietta e un modo di parlare lento. Finisce sempre la frase con un sorriso che punta in alto a sinistra.

Una volta era un musicista, adora Massimo Ranieri e Renato Zero, quando gli diciamo cosa facciamo si illumina, e il sorriso che normalmente va verso sinistra si apre a tutto tondo.

Ci affitta la casa che sta proprio sul vialetto che porta in spiaggia. Decidiamo di prendere la villa del Circo Inzir perchè munita di cucina e, a conti fatti ci conviene.

A Mazunte sono 3 giorni di splendore, di onde alte nell’oceano, di Gabo e Gera che provano a fare surf, di me che ricevo il massaggio più lungo e spettacolare della mia vita : Imelda per quasi 3 ore mi stira tutto quello che si può stirare, mi rimodella i piedi, il viso, la schiena, le mani e quando esco dalla casa mi sembra di camminare sulla luna.

Il Sabato è il giorno dello spettacolo, il primo pomeriggio si va di volantinaggio selvaggio in spiaggia e nelle vie del paesino, la sera alle 18, con la solita oretta di ritardo, che qua è d’obbligo, si va in scena.

Il pubblico è tutto sparso nella piazzetta, c’è qualche famiglia, tanti frikkettoni scalzi, coi rasta e i vestiti colorati, ci sono turisti e abitanti del posto, l’atmosfera è di festa, lo spettacolo è divertente e per noi è un po’ tornare ad avere un pubblico un po’ più abituale.

Peccato dover ripartire il giorno dopo.

La mattina si parte, ma tutti abbiamo ancora le onde negli occhi nelle orecchie e nel naso, l’oceano è stato un qualcosa di tremendamente bello, si va verso le montagne, verso Oaxaca.

Vista dalla mappa la strada sembra breve, giusto 230 km che, seppur di montagna, calcoliamo di percorrere in circa 5/6 ore, ce ne metteremo 8.

La strada è tutta curve e dossi artificiali, svalichiamo ad altitudini che toccano i 3000mt , i paesaggi sono incantevoli.

Ormai sono più di 2 settimane che abbiamo abbandonato la vegetazione tropicale, qui regnano indisturbate alte conifere, per lo più pini. Se scendi di di quota gli alberi più affascinanti che ti capita di incontrare sono gli “uanacastle” e i “palo blanco”, molto simili tra loro per quanto riguarda la geometria confusa dei rami che si allargano a dismisura lasciando sotto di loro uno spazio d’ombra incredibilmente ampio, e per il tronco non troppo alto e che generalmente si divide alla base in 2 o 3 direzioni. Si differenziano solo per le foglie, più piccole quelle del primo rispetto a quelle del secondo.

A quota 3000 mt quello che in origine era un lieve fastidio ai denti si trasforma in un dolore lancinante, Sandro provvidenzialmente tira fuori un antidolorifico, ne ingerisco subito una bustina, dopo un’oretta, in occasione di un altro alto valico vado con la seconda, tutto diventa ovattato e passo le successive due ore in un dormiveglia chimico.

Mi sveglio quando mi rendo conto che Gabo è seriamente preoccupato.

Il fatto è che noi ci siamo affezionati a Terricola, e lei a noi. La nostra ragazzaccia da 8 cilindri ci vuole talmente tanto bene che sta tentando di tutto per non farci andare via, l’ultima, quella che genera preoccupazione perfino in Gabo, è il cuscinetto del semiasse posteriore e del differenziale.

Già in Chiapas un cuscinetto, quello della ruota anteriore sinistra aveva mollato, ora tocca a quella posteriore.

Già Terricola ci sta dicendo proprio di restare in Messico ma ce lo sta dicendo con gentilezza, infatti sia la prima volta sia quest’ultima, nonostante i cuscinetti fossero andati, ci ha portato con ostinazione fino alla meta, le ruote, in tutte e due le occasioni girando praticamente ferro su ferro hanno resistito stoicamente.

Quindi arriviamo a Oaxaca, con la nostra scia di fumo certo, ma arriviamo.

Ad accoglierci troviamo Rosario (che qui è un nome femminile) e Beto, due amici di Gabo.

I ragazzi ci ospitano nella loro splendida casa per questi tre giorni, riescono a farmi ottenere un appuntamento dal dentista di fiducia il lunedì (ed è un giorno di festa) e organizzano il nostro spettacolo per il giorno stesso.

Un mercato gigante, labirintico, fatto dei mille odori, dei mille colori e delle mille voci cui ormai andiamo abituandoci dopo 2 mesi di viaggio, ma che comunque non smettono mai di trasmettere tutta quella vitalità di questa gente e di questi luoghi.

Le strade intorno al mercato sono trafficatissime, autobus strapieni si alternano a quelli semivuoti, tassisti che gridano le loro destinazioni tentando di riempire il loro mezzo, qualche ubriaco ogni tanto barcolla davanti a noi mentre iniziamo a montare.

La situazione si presenta più che difficile, lo spazio è un marciapiede largo non più di una decina di metri, subito dopo la strada rumorosa, l’orario è quello in cui normalmente le persone vanno verso casa a svolgere le ultime faccende prima della serata.

Così, in mezzo al caos del traffico, in uno spazio giudicato del tutto inadatto ci gettiamo nella mischia, riusciamo a montare sia la struttura delle aeree sia quella del filo teso, lo spettacolo alla fine va meglio del previsto, il pubblico gradisce e rimane lì tutto il tempo, a ridere e applaudire.

Il giorno dopo, mentre Sandro, Tati, Mat e Sara vanno a farsi un giretto nei mercati del centro, Gabo porta dal dottore Terricola e io, accompagnato da Beto, mi avvio per la seconda volta dal dentista.

A sera io avrò un dente del giudizio in meno, Terricola un semiasse nuovo e i ragazzi di ritorno dal mercato un bel po’ oggettini in più da incastrare nelle valigie del ritorno.

Oggi si parte, anzi siamo già partiti, questa volta in Terricola siamo in 8, si sono uniti a noi fino alla prossima destinazione Matteo e Caterina, due ragazzi di Roma conosciuti ieri dopo lo spettacolo.

Siccome il mondo è piccolo abbiamo scoperto che eravamo diretti dalla stessa Persona a Cholula, così via, stretti stretti su e giù per le montagne. In questo preciso momento stiamo attraversando pendii ricoperti da foreste di cactus.

Tutto continua ad essere bello, le porte continuano ad aprirsi e allora chiudo mandando un abbraccio a Beto e Rosario, in arte “Lapiztola” collettivo di serigrafi, amici che hanno aperto la porta e ci hanno fatto entrare.

Ps durante il viaggio Gabo ha ritrovato il quadernino verde e bianco, quindi ora sono molto felice ma non avevo voglia di cambiare l’inizio di questa pagina.