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Capitolo 5

quien diria que las manchas viven y ayudan a vivir …

… tinta, sangre, olor …

que haria yo sin lo absurdo los fugaz …

(Frida Kahlo)

I fiumi di macchine che entrano all’alba in Città del Messico compongono un ingorgo infinito senza troppi clacson: 1 ora e 40 minuti, 20 km percorsi.

Si esce dalla città col sole in faccia, ancora basso ma già caldo e i fumi dei gas di scarico nelle orecchie, nel naso e negli occhi.

Si attraverano periferie contornate da muri di cemento carichi di murales, intorno intere colline ricoperte di case grige.

Lasciamo alle nostre spalle un’iimensa cupola nera, dai 2500 mt s.l.m. Si continua a salire.

La terra è rossa, piano piano la vegetazione riconquista il suo spazio, dapprima larghe distese di agave, più su iniziano le conifere.

Saliamo fino ai 3200 mt s.l.m. , pausa caffè…

C’è il sole ma all’ombra l’aria punge, ci fermiamo in un bar, tecnicamente una casetta colorata con all’entrata un bel portico esposto a sud.

All’interno lo spazio è poco, hanno trovato il loro posto giusto 4/5 tavolini sui quali ci accomodiamo.

Ad accoglierci arriva una donnina piccola piccola con dei lunghi capelli bianchi e lisci, con delle rughe profonde che raccontano gioie e dolori, estati e inverni ad alta quota.

Le chiediamo del caffè ma prima di tutto ci serve un vassoio pieno di pan dulze.

Dopo poco arriva anche il marito, si porta dietro il suo sorriso e due cavalli carichi di legna.

E’ una sosta picevole, dopo 2 settimane finalmente si respira aria buona, intorno a noi un grande prato verde circondato da alte conifere, a 10 metri dal bar una cappell di un azzurro così acceso che sembra un pezzo di cielo caduto lì.

Ripartiamo decidendo di prendere l’autostrada per evitare i dossi che costellano la statale.

Da lì in poi iniziamo finalmente a scendere su questa autostrada di montagna, ripida e piena di curve.

Su di noi volteggiano costantemente avvoltoi, qualche pedone ogni tanto attraversa la strada e, quando ci sono rallentamenti per lavori in corso, spuntano come funghi venditori ambulanti che, senza insistenza, offrono spuntini e bevande.

La discesa è rapida, alla nostra sinistra sfila innevato il picco Orizaba, la cima più alta del paese: 5600 mt.

Dopo ore e ore di viaggio Terricola ci porta nello stato di Vera Cruz e a una ventina di km dalla capitale tagliamo verso sud-est, riprendendo la statale.

Tutto ritorna più umano, dossi ogni kilometro e qua è là piccoli paesini fatti di case dalle tinte sgargianti, camion in sosta presso invitanti ristorantini, cani ovunque e vita che scorre lenta.

Finalmente alla nostra sinistra scorgiamo l’oceano, o meglio, il golfo del Messico.

LA vegetazione a poco a poco si è fatta tropicale: palme da cocco, una serie di piante dalle foglie lerghissime di cui non conosco i nomi e alberi che allargano la propria chioma sicuri di sé; sicuri che qui l’inverno (almeno l’inverno come lo penisamo noi europei) non arriverà mai.

Continuiamo sulla statale, alla nostra destra si apre la laguna di Alvarado, decidiamo di passare la notte nel paesino omonimo.

Incontriamo un motel economico e pulito, per risparmiare ci stringiamo tutti in un unica stanza con 5 posti letto, Sandro decide di “fare un giro” sul suo materassino appena comprato e si accomoda in terra.

LA sera una cenetta a base di pesce nel centro di questo paesino lagunare fatto di giallo e di bianco.

(naturalmente i vegetariani del gruppo esclusi… la vita per loro in messico si complica un po’)

La mattina sveglia presto, colazione in riva alla laguna e si riparte.

Un piccola tratto di statale, svolta a sinistra ed accoci immersi in stradine per lo più sterrate.

Laddove le strade hanno ricevuto in dono un po’ d’asfalto spesso trovi lavoratori occasionali che ricoprono alla buona enormi buche. Li potremmo definire con un po’ di fantasia dei free-lance, visto che il loro stipendio dipende dalle mance che gli automobilisti concedono loro in cambio del lavoro svolto.

La vegetazione s’infittisce, le strade degradano sempre di più, piccoli e colorati agglomerati di case si fanno largo tra la selva qua e là, e poi cavalli montati spesso da bambini, geep di grossa cilindrata, giardini curatissimi, negozietti l limite del surreale; Terricola si difende bene anche se a cavallo si andrebbe decisamente più rapidi.

Arriviamo finalmente a Jicacal, un posto neanche segnato sulla nostra cartina, un paradiso, dietro di noi alte colline, davanti mare e spiaggia.

Il sole sta già dichiarando la sera quindi velocemente contrattiamo il costo del nostro pernottamento con la donna che gestisce il piccolo ristorante e le 10 capanne.

La stagione è bassa e contrattare con lei è piacevole, giungiamo rapidi alla cifra di 400 pesos, con la promessa di cenare lì la sera.

10 minuti per prendere asciugamani e costumi e via camminando verso la “playa escondita”.

Circa 20 minuti di sentiero in mezzo alla selva ci conducono in cima al piccolo promontorio che si vedeva da basso.

Lì troviamo una serie di costruzioni in disuso, una volta riparo per turisti, un posto incantevole.

Intanto una scimmia urlatrice ha segnalato la sua presenza col suo verso truce.

Alla vista di questo luogo incantato i nostri pensieri prendono il largo: quanto sarebbe bello prendere questo posto, rimetterlo a posto e creare un’isola felice …

i pensieri volano, noi camminiamo, la realtà si confonde coi desideri più irrealizzabili ma torniamo coi piedi per terra quando ci accorgiamo che da una di queste case esce del fumo.

Su un fornello sta sbuffando una moka, oggetto insolito da queste parti.

Dalla casetta esce un uomo senza un braccio e nell’unica mano un macete.

Ci sorride e ci dà il benvenuto, per accedere alla spiaggia sono 20 pesos a testa …

Detta così sembra spiacevole come incontro, ma non lo è stato affatto, un altro giorno vi racconterò un po’ di lui.

Due chiacchiere e poi scendiamo di corsa in spiaggia, in un attimo siamo tra le onde, il nostro primo bagno ….

Siamo solo noi in queste spiaggie, qualche pescatore, la famiglia che gestisce il posto, un altra che ha una fattoria qui a fianco.

Tati h allacciato trapezio e tessuti su un albero gigantesco e tra galline, tacchini, maiali, avvoltoi, pappagalli e scimmie urlatrici oggi ci alleneremo un po’, faremo qualche bagno, mageremo e domani mattina prenderemo la strada per palenque… un passo dal guatemala….

ps : oggi pubblichiamo il diario con un giorno e mezzo di ritardo, perchè a Jicacal non c’era ne telefonia ne internet. Nel momento in cui vi scrivo siamo appena arrivati a Palenque stato del Chapas. Per farla breve, caldo estremo, zanzare e una gomma è esplosa durante il viaggio… ora vi lascio e ragiungo gli altri per mangiare un boccone …